La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34290 del 21 ottobre 2025, ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti da due imputati condannati per violenza sessuale di gruppo e cessione di sostanze stupefacenti. La Suprema Corte ha confermato le conclusioni della Corte d’Appello di Firenze, sottolineando la correttezza della valutazione sull’attendibilità della persona offesa e ribadendo l’impossibilità di procedere a una rivalutazione del merito probatorio in sede di legittimità.
La decisione della Corte d’Appello
La Corte d’Appello di Firenze aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado:
Gli imputati contestavano attendibilità della vittima, tracce biologiche non analizzate, rilevanza del disturbo bipolare, presunte incongruenze del racconto e violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
La Corte ribadisce che non può rivalutare il merito ma solo verificare la coerenza logica della motivazione. In caso di doppia conforme il controllo è ulteriormente ridotto.
La testimonianza della persona offesa può costituire prova piena, purché oggetto di rigorosa verifica di credibilità e attendibilità.
Le censure erano ripetitive, mirate a letture alternative dei fatti, prive di elementi idonei a minare la logicità della motivazione. Il disturbo bipolare non incideva sulla percezione della realtà, l’uso di droga non comprometteva l’attendibilità, le telefonate erano spiegabili con timore di ritorsioni e le tracce biologiche erano irrilevanti per il tempo trascorso.
La Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili e confermato le condanne, disponendo il pagamento delle spese processuali.
Sì, se ritenuta credibile con valutazione rigorosa.
Quando ripropone questioni di merito già valutate.
Due decisioni di merito giungono alle stesse conclusioni.
Non necessariamente: occorre che comprometta la percezione della realtà.
Per l’irrilevanza dovuta al tempo trascorso.