Dati biometrici e genetici nel procedimento penale: i limiti europei secondo la CGUE
Inquadramento generale
Il trattamento dei dati biometrici e genetici, qualificati come categorie particolari di dati personali, rappresenta uno dei profili più delicati della protezione dei dati in ambito penale. La Direttiva (UE) 2016/680 subordina tale trattamento al rispetto di requisiti stringenti, fondati in particolare sui principi di stretta necessità, proporzionalità e minimizzazione dei dati.
Con la sentenza del 20 novembre 2025 (causa C-57/23), la Corte di Giustizia dell’Unione europea è intervenuta per chiarire i limiti entro cui gli Stati membri possono prevedere la raccolta e la conservazione di dati biometrici e genetici da parte delle autorità di polizia nell’ambito di procedimenti penali.
Il caso all’origine del rinvio pregiudiziale
La controversia trae origine dal ricorso proposto dal sig. JH contro la polizia ceca, che aveva proceduto alla raccolta delle sue impronte digitali e di un profilo del DNA, successivamente registrati nelle banche dati di polizia, nel contesto di un procedimento penale per reato doloso.
La nozione di “diritto di uno Stato membro”
La Corte chiarisce che la nozione di diritto di uno Stato membro non va intesa in senso meramente formale, ma sostanziale, comprendendo anche l’interpretazione giurisprudenziale delle disposizioni nazionali.
Affinché il trattamento sia lecito, è necessario che:
- la base normativa abbia portata generale;
- le condizioni del trattamento siano chiare, precise e prevedibili;
- la giurisprudenza nazionale sia accessibile e idonea a delimitare il margine di discrezionalità delle autorità competenti.
Raccolta dei dati biometrici e genetici e principio di minimizzazione
Con riferimento agli articoli 4, par. 1, lett. c), 6 e 10 della Direttiva 2016/680, la Corte afferma che:
- non è di per sé incompatibile con il diritto UE una normativa che consenta la raccolta dei dati biometrici e genetici di persone sospettate o perseguite per reati dolosi, anche senza distinzione tra le due categorie;
- tuttavia, tale trattamento deve rispondere al requisito di assoluta necessità, da valutarsi in modo rigoroso alla luce delle finalità concrete e specifiche perseguite (prevenzione, indagine, accertamento dei reati).
Gli Stati membri possono:
- demandare alle autorità competenti la verifica caso per caso della stretta necessità;
- oppure fissare a livello legislativo criteri vincolanti di valutazione, idonei a evitare margini di discrezionalità eccessiva.
Conservazione dei dati e limiti temporali
Quanto alla durata della conservazione, la Corte precisa che la Direttiva 2016/680 non impone necessariamente la previsione di un termine massimo assoluto.
È tuttavia imprescindibile che:
- la normativa nazionale preveda verifiche periodiche della necessità di mantenere i dati;
- in occasione di tali verifiche sia rivalutata la stretta necessità della conservazione;
- le modifiche della posizione penale dell’interessato comportino una rivalutazione tempestiva del trattamento.
La conservazione risulta illegittima qualora i dati non più necessari non vengano cancellati a seguito delle verifiche previste.
Le conclusioni della Corte di Giustizia
La CGUE conclude affermando che:
- la nozione di diritto dello Stato membro include disposizioni di portata generale, come interpretate dalla giurisprudenza nazionale, purché prevedibili e accessibili;
- la raccolta indistinta di dati biometrici e genetici è compatibile con la Direttiva 2016/680 solo se conforme ai principi di necessità assoluta, proporzionalità e minimizzazione;
- l’assenza di un termine massimo di conservazione è ammissibile solo in presenza di verifiche periodiche effettive e rigorose.
FAQ finali:
- La polizia può raccogliere dati biometrici e genetici di qualsiasi sospettato?
Sì, ma solo se il trattamento risponde al requisito di stretta necessità e rispetta i principi della Direttiva 2016/680.
- È obbligatorio un termine massimo di conservazione dei dati biometrici?
No, purché siano previste verifiche periodiche effettive sulla necessità della conservazione.
- La giurisprudenza nazionale può costituire base giuridica del trattamento?
Sì, se accessibile, prevedibile e idonea a delimitare il potere discrezionale delle autorità.